Dōnum, monito di un ancestrale messaggio, che rifonda il tempo nella sua ciclicità. Si tratta di un disinteressato onere, praticato con reciprocità dalle comunità più remote per ristabilire un equilibrio tra noto e ignoto, umano e divino, trascendenza e immanenza: in poche parole il Dono, altro non è che un forte potere magico che aiuta a stabilire la relazione con l’altro o gli altri. L’intento dell’artista è quello di “dar vita a una visione lisergica, raffinata, che se da un lato apre le porte a luoghi non circoscritti, dall’altro attraverso l’oro e la panificazione rituale, carica le figure di pulsioni di vita e di morte: personaggi apparentemente impenetrabili emergono da un profondo oblìo pronti a svelare conoscenze sottili che ci conducono all’interno della loro oscurità. Ci troviamo davanti ad apparizioni, personaggi in relazione con il cosmo, con il rito e la mitologia, che sembrano dotati di forte empatia; questo li rende preparati a un dialogo con lo spettatore prettamente esclusivo, fatto di rivelazioni difficili da decifrare. Insomma dōnum, vuole essere un omaggio propiziatorio per ristabilire l’esatto bilanciamento tra spirito e corpo, maschile e femminile”
La sfera del femminile si fonde a quella del maschile, per mutarsi in un dono spontaneo, coeso e neutralmente concepito, prima nei confronti della terra, in seguito per una divinità, ancor dopo per una comunità. Volendo ipotizzare una linea evolutiva di tale forma di pensiero, l’umano, rappresenta il mittente e il destinatario ultimo, di uno scambio, impregnato di neutralità che si priva della propria cultura, per ritornare alla vera natura, spaventandosi per affrontare le proprie pulsioni, e ritornare alla vita. Il rito, secondo il pensiero di De Martino è d’ausilio all’uomo per sopportare la “crisi della presenza”, che esso stesso avverte di fronte alla natura, sotto forma di minaccia.
Per tali ragioni ci si potrebbe chiedere cosa abbia indotto le comunità primitive a concepire l’ideologia del dono? Cosa si prova a percepire la pienezza e come ci si sente a colmare un vuoto? L’abilità nel trovare le risposte, evidentemente nasce in seno alla questione del dono stesso, il quale è vettore di un perdono o magari di un condono. L’artigianalità di un dono, è insita nell’essere umano, il quale si offre a qualcun altro, e nel relazionarsi dimostra che donare se stessi con umiltà e mitezza, è qualcosa di decisamente magico rispetto a ciò che si ha o a ciò che si possiede.
Provando a immedesimarsi nell’immaginario collettivo del mondo antico, l’osservatore moderno, potrebbe non percepire a priori il vuoto provocato da una carestia, una pestilenza o una glaciazione. Per tali ragioni, le comunità antiche si sono sempre poste in ascolto con il cosmo, creando dei simboli, carichi di significati, che rendono dunque l’intero universo, un simbolo potenziale. Il grano dono della terra, rappresenta nella sua semplicità un elemento aureo che scandisce il tempo e la ciclicità delle stagioni: dalla semina autunnale, alla germinazione d’inverno si passa alla fioritura primaverile che culmina con la mietitura d’estate. La Terra e l’umanità s’incontrano proprio nel momento in cui l’uomo promette alla terra, eterna cura e viceversa. Come si presenta un campo di grano nel corso del suo ciclo, visto dall’alto? Inizialmente la terra è nera, successivamente diventerà aurea.
Diodoro Siculo, riporta la notizia che la Sicilia è sempre stata un’isola sacra a Demetra e Core, i cui abitanti, avendo goduto per primi della scoperta del grano, hanno istituito in onore di esse celebrazioni e sacrifici, quale ringraziamento per i doni ricevuti. La preparazione di pani, oltre ad esser parte del consumo quotidiano, è stata un elemento costitutivo, soprattutto in determinate attività rituali, la cui realizzazione ha assunto sembianze antropomorfe, spiraliformi e zoomorfe. Tutto ciò è ancora presente, è percepibile e lo continuerà ad essere agli occhi della terra, delle divinità, della gente e degli individui.
Marco Lafratta
Loredana Grasso (Erice, 1982) vive e lavora a Palermo. Ha frequentato l’Accademia di belle arti di Palermo conseguendo la laurea specialistica in Pittura. Ha esposto in mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero. Nel 2018 grazie al supporto iniziale dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani dà vita al progetto ART STUDIO VISIT: un itinerario esclusivo alla scoperta degli studi d’artista in Palermo, ad oggi non più attivo. Il progetto nacque con l’intento di favorire l’incontro tra la realtà artistica siciliana e un pubblico di addetti ai lavori ed appassionati d’arte. Differenti sono i medium che l’artista utilizza: pittura, scultura, ricamo e l’acquarello sono per lei il punto di partenza verso la scoperta di altri luoghi, oltre i limiti spaziali, temporali e di pensiero che la spingono ad affrontare tematiche come la memoria, l’assenza, il sacro e il rituale. Negli ultimi anni l’artista riprende in mano la pittura, il disegno e negli ultimi mesi la scultura, continuando ad approfondire il tema del sacro sotto forma di apparizioni, facendo venire fuori personaggi in relazione con il cosmo, con il rito, statuette votive, mitologia e trasmutazioni alchemiche; questo accade per ricordarci nell’epoca della scienza, che l’esperienza del sacro in tutte le sue manifestazioni è da sempre presente nell’essere umano e che grazie ad esso l’uomo prende coscienza del mistero insondabile e primigenio del gesto e quindi dell’Essere, indispensabili per sviluppare una più forte comprensione di Sé, secondo l’artista.